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Matteo Salvini primo politico su Twitter, ma con l’aiutino

22 Mag Posted by in #EPICFAIL | 3 comments

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Corriere.it tuona in prima pagina “Europee, è Salvini il più forte sul web” e prosegue con “E’ il leader leghista Matteo Salvini il politico in corsa per l’Europarlamento che meglio si relaziona con il web”. Qualcosa però non torna.

 

L’aspetto giornalistico

I dati sono stati raccolti da “Reputation Manager”. Questo servizio web è un grosso, potente contatore delle attività social dei principali politici italiani ma non scende nell’analisi qualitativa, compito che invece spetta a chi legge questi dati e che deve darvi un senso. Da Corriere.it e soprattutto dall’osservatorio social “6gradi” questo è il minimo che è lecito aspettarsi, qualitativamente e deontologicamente, al fine di fornire un’informazione corretta ed equilibrata.

Lasciando perdere la superficialità con la quale si definisce “web” ciò che in realtà riguarda solamente Twitter e Facebook, è doveroso chiedersi il perché di un fenomeno. Se però la conclusione diventa “è infatti anche leader nazionale del proprio partito e pertanto beneficia di un ritorno di immagine  – e di engagement – che va decisamente oltre la semplice candidatura europea” significa che mancano la capacità di interpretare i numeri e la conoscenza del servizio che si vuole analizzare.

Vediamo quindi perché.

 

I dati presentati da Webpolitics

Il distacco tra Matteo Salvini e tutti gli altri sulle interazioni social ottenute è abissale, difficilmente frutto di un comportamento naturale. Questo è evidente sia dal confronto su base settimanale e mensile con Alessandra Moretti, con un numero paragonabile di follower, che con Giorgia Meloni che di Follower ne ha più di 133 mila.

L’anormalità su Twitter

Andando a verificare su Twitter, si nota immediatamente che il numero di retweet e di preferiti procede quasi di pari passo, per ogni singolo tweet. A farlo notare per primo è Gianandrea Facchini, fondatore di Buzzdetector (partner del Festival del Giornalismo nelle edizioni 2013 e 2014 per il monitoraggio delle conversazioni sulla rete), attraverso il proprio account Facebook.

Ogni giorno retweet e preferiti sui tweet di Salvini si incrementano parallelamente di qualche unità, come se si aggiungessero nuovi account. Osservando infatti le ripetizioni, emerge che oltre il 90% di RT e favorites proviene sempre dagli stessi account.

Quelli di Buzzdetector, incuriositi dall’articolo, sono perciò andati a verificare questi dati e, data la palese anormalità del fenomeno, li hanno ulteriormente elaborati con i loro strumenti.


Le ipotesi iniziali

Interazioni di questo tipo possono provenire, ragionevolmente, da:

  • follower acquistati (da Lega, da agenzia web o da attivista troppo zelante)
  • follower reali, ma dal comportamento drogato dall’uso di bot
  • entrambe le cose

Può anche essere opera di un attivista troppo zelante che agisce all’insaputa di Matteo Salvini (che immagino gestisca direttamente il proprio account), ma quest’ultimo non può non essersi accorto di questa evidentissima anormalità di comportamento. Andiamo a verificare.

 

L’esito dell’analisi

La risposta sta in questa pagina, come fa notare Angelo Centini, data scientist di Buzzdetector (qui il suo sito personale), nonché autore di quelle belle social network analysis sul Festival del Giornalismo che tutti abbiamo apprezzato.

E’ lo stesso Salvini ad aver lanciato una campagna di raccolta account social reali e disponibili a comportarsi come zombie (informaticamente parlando) ogni qualvolta che il leader leghista pubblica un nuovo tweet. Prima con Facebook e poi, vista l’impossibilità di proseguire, con Twitter.

Nelle note scritte in piccolo e in grigio chiaro su sfondo bianco però non si fa nessun riferimento al fatto che, oltre ai retweet, si intende utilizzare questi account anche per aggiungere i tweet ai propri preferiti, cosa per la quale occorre una specifica autorizzazione. Oltre tutto, riguardano la vecchia applicazione Facebook.

La stessa campagna, come si nota in uno dei link, invita a registrare nuovi account nel caso non se ne possegga già uno; molti degli account che hanno retwittato provengono proprio da qui, a giudicare dai bassissimi numeri.

Forse, tra questi ci sono molte persone che hanno preferito creare un account nuovo piuttosto che concedere un accesso completo al proprio già esistente, per proteggere la propria privacy. Infatti, l’applicazione “Segui Matteo” informa che, una volta autorizzata, potrà fare queste azioni:

  • Leggere i Tweet dalla tua cronologia.
  • Vedere chi segui e seguire nuove persone.
  • Aggiornare il tuo profilo.
  • Pubblicare Tweet dal tuo account.
  • Accedere ai tuoi messaggi diretti

E’ però evidente che un RT proveniente da un account nuovo di zecca ha un impatto in termini di visibilità molto diverso rispetto a uno con una rete e un’attività consolidati. In realtà esistono anche altri aspetti – ben più importanti – omessi dai disclaimer, come vedremo in seguito.

La parola al data scientist

Ho commentato questi dati con Angelo, che poi mi ha molto cortesemente fornito i file in cui ha raccolto e classificato i RT incriminati, in modo che potessi rendermi conto personalmente delle straordinarie coincidenze. La fonte della maggior parte di questi è la stessa, cioè un bot probabilmente realizzato per l’occasione (per quanto comunque già se ne trovino in rete) almeno nel 90% dei casi. Questo significa che i possessori di questi account hanno autorizzato una applicazione a pubblicare contenuti con le loro credenziali e che l’impatto sull’intenzione di amplificare i messaggi è stato assolutamente determinante (nota bene, sull’intenzione).

 

L’analisi dei follower

Gianandrea Facchini ha invece analizzato la “percentuale di genuinità della platea”, come la chiama lui. In pratica, ha analizzato la percentuale di account fake, inattivi e reali tra i follower dell’account @matteosalvinimi, utilizzando il servizio Socialbakers. La percentuale di quelli sospetti (18%) o non attivi (10%) effettivamente non è irrilevante.

Io ho fatto la stessa cosa, utilizzando anche strumenti come Statuspeople, Wildfire, Twitteraudit e Twopcharts.

Secondo Statuspeople gli account “buoni” sono appena il 30%, gli inattivi ben il 54% e i fake il 16%. Questa differenza rispetto a Socialbakers dipende da quali sono le soglie e i trigger che il singolo algoritmo utilizza per classificare ogni account. Resta il fatto che, anche nella migliore delle ipotesi, un po’ di bonifica andrebbe fatta.

Wildfire dice che la crescita dei follower dell’account di Salvini è stata tutto sommato normale, nel corso del tempo. Non si rilevano impennate clamorose (anche se i bot più intelligenti riescono a simulare sia l’aggiunta diluita nel tempo che le interazioni come se si trattasse di una persona in carne e ossa). Questa ipotesi sembrerebbe confermata incrociando i dati con quelli di Twopcharts.

Infine, Twitteraudit stima in due terzi del totale la percentuale di quelli reali, includendo però anche i casi dubbi.

L’intervista

Ho quindi realizzato una piccola intervista a Gianandrea Facchini.

D. “Ciao Gianandrea, raccontaci un po’ come ti sei accorto di questa stranezza.”

R. “Tutto è partito da un articolo pubblicato da Corriere.it, in cui si affermava che Matteo Salvini è il politico italiano più attivo sul web, tolti i tre principali politici che però non sono candidati alle Europee. Qui però ho subito notato l’enorme differenza tra Salvini e Alessandra Moretti, nonostante abbiano numero simile di follower: il primo nell’ultima settimana ha ottenuto su Twitter un indice di amplificazione pari a 5480, mentre la Moretti è quarta con un indice pari “solo” a 204. Incuriosito, sono quindi andato a verificare su Twitter, dove ho trovato i RT anomali. In vita mia non ho mai visto situazioni dove il numero di retweet e di preferiti sia quasi coincidente e in modo sistematico.”

D. “Quale è stata la tua prima sensazione sulle cause di questi numeri anomali?”

R. “Una delle ipotesi era l’esistenza di una war room che spammava a più non posso oppure che aveva comprato dei follower.”

D. “Che cosa ti ha stupito maggiormente?”

R. “Da un punto di vista giornalistico l’ho trovato inquietante: in un certo momento era finito addirittura in homepage. Prima di darvi questo risalto occorreva porsi alcune domande, andare più in profondità.”

D. “E sulla strategia di Salvini?”

R. “Un conto è essere ambasciatori di un politico, un altro è lo spam. In realtà avevano già applicato la stessa strategia su Facebook, che però li ha bloccati. Evidentemente Twitter non li ha ancora scoperti, in quanto molti degli account coinvolti sono reali.”

D. “E’ possibile che una figura politica molto in vista possa adottare una strategia di comunicazione simile passando inosservato?”

R. “Se le analisi politiche vengono fatte così, un caso simile passa inosservato perché si lavora su dati quantitativi e non qualitativi. Occorre avere l’abitudine di spaccare il dato e porsi delle domande sulle correlazioni. Mi vengono in mente, per esempio, alcune indagini molto superficiali realizzate per le scorse elezioni. Noi invece abbiamo utilizzato delle visualizzazioni in tre dimensioni sulle interazioni dell’account”

 

Critiche

Se andiamo a verificare cosa prevedono i termini di utilizzo di Twitter in materia regole di automazione e pratiche consigliate troviamo:

La creazione massiva o seriale di account con sovrapposizione d’uso, tuttavia, è vietata

Le violazioni possono comportare la sospensione permanente di tutti gli account correlati”.

Noi scoraggiamo il retweeting automatico di altri utenti in base a una determinata parola chiave e sospendiamo gli account che si impegnano in questo comportamento, in particolare se essi vengono spesso bloccati e segnalati come spam”.

Come classificare la gestione dei tweet di Salvini? Personalmente, concordo con il termine utilizzato da Gianandrea Facchini: borderline.

Basta veramente un nulla per rientrare o non rientrare nei TOS di Twitter, coinvolgendo tuttavia permanentemente tutti gli account che vi hanno partecipato (questo però sul manifesto di Salvini con l’invito all’adesione non era scritto, per informare gli interessati).

 

Perché questa strategia di comunicazione?

Che obiettivo si voleva perseguire? Spostare voti? Creare engagement? Ottenere visibilità?

Probabilmente non è stato raggiunto nessuno di questi. Voti se ne sarebbero spostati pochi comunque, con numeri assoluti così bassi. Automatizzare le interazioni significa abbassare l’engagement, perché spariscono le azioni manuali, le personalizzazioni dei tweet, l’attenzione delle persone sugli stessi contenuti retwittati dal proprio account. La visibilità non si ottiene se solo il 30% dei RT proviene da profili reali e attivi, idem vale se questi hanno follower <10, magari a loro volta con follower <10.

L’unico risultato raggiunto, a mio modesto avviso, è quello di aver scalato classifiche come quella di Reputation Manager, persate probabilmente con un altro scopo, drogando il sistema di interazioni sui social media.

Però forse mi sbaglio. C’è un altro risultato: la figuraccia a cui si espone chi utilizza queste pratiche è un pericolosissimo boomerang a livello di immagine.

Ripeto per l’ennesima volta che se i numeri raccolti da una strategia di comunicazione non sono ritenuti sufficienti, le cause vanno viste all’origine. Se le persone non sono così coinvolte da quello che stai dicendo loro, forse non stai dicendo cose così interessanti da convincerli a coinvolgere la loro rete digitale di relazioni. Raccogliere i numeri strada facendo serve più a chi parla che a chi ascolta, in modo da correggere il proprio modo di relazionarsi e i propri contenuti. Forzare gli stessi numeri, invece, è un’operazione fine a sé stessa. Farlo a ridosso di una scadenza importante, che poi è la ragione della forzatura, è anche controproducente.

Per me, da qualunque parte lo si guardi, è un epicfail comunicativo.

 

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