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Giornalismo e guerra dei numeri sui morti in Siria

13 Ago Posted by in Uncategorized | 1 comment

In Siria si stanno combattendo due guerre: una civile e l’altra mediatica.

E’ estremamente difficile descrivere quella che è diventata una situazione sempre più drammatica e complessa, dove la manipolazione mediatica crea difficoltà ad accedere a fonti attendibili e complete.

Spesso i media parlano di “fonti ufficiali” per accreditare le informazioni che forniscono, ma è bene chiarire cosa si intende con questo termine e se sia effettivamente sinonimo di attendibilità. In moltissimi casi, infatti, vengono considerate “ufficiali” anche le fonti siriane non governative, che però sono probabilmente anche le più attendibili, per motivi che vedremo più avanti.

Lo stesso Syrian Observatory for Human Rights riporta la frase “The Only Official Website of the Syrian Observatory for Human Rights” ma è tutt’altro che governativo.

In generale, difficilmente i dati che ci arrivano dalla Siria possono definirsi come “ufficiali“, bensì dati raccolti faticosamente con la collaborazione di civili e organizzazioni per la difesa dei diritti umani, tant’è che ai giornalisti stranieri molte volte viene inibito l’accesso (quando non vengono addirittura uccisi).

 

Le fonti governative

Le fonti governative, quando disponibili, purtroppo sono lacunose e tutt’altro che imparziali. Qui i soggetti vengono solitamente distinti tra “forze governative” e “terroristi“.

SANA (Syrian Arab News Agency) è l’agenzia di informazione nazionale siriana, praticamente l’equivalente dell’ANSA ma con la sostanziale differenza di essere coordinata dal Ministro dell’Informazione ed esplicitamente filo-governativa.

 

Il citizen journalism

Il citizen journalism è perciò stato finora di vitale importanza per documentare le rivolte in Siria.

A intralciare le comunicazioni non ufficiali dirette dalla Siria verso il resto del mondo si inserisce l’opera di limitazione e di controllo dei canali Internet da parte del governo del presidente Assad.

Citizen journalism però non è sinonimo di verità assoluta o di precisione, tanto che alcuni media tradizionali sollevano il dubbio che in alcune occasioni la verità potrebbe essere stata intenzionalmente distorta.

Per un giornalista effettuare ricostruzioni in questo contesto diventa compito estremamente arduo: si tratta di verificare ogni singola fonte, dato, documento o elemento multimediale.

E’ inoltre necessario incrociare più fonti sia perché è difficile ottenere tutto il materiale da una sola e sia perché in questo modo è possibile offrire una informazione più precisa e bilanciata.

Un esempio ne è la difficile conta dei morti, un numero che si incrementa di circa 1000 unità ogni 15 giorni.

 

Il monitoraggio del “Center for Documentation of Violations in Syria”

Una accurata attività di monitoraggio costante dei morti e degli arrestati viene svolta da VDC (Center for Documentation of Violations in Syria), un’organizzazione il cui sito è stato rifatto dopo che essere anche stato violato – così pare – dai tecnici informatici dell’esercito governativo.

Le fonti di VDC sono prevalentemente organizzazioni e gruppi di attivisti; la metodologia adottata distingue tra martiri della rivoluzione (soldati volontari civili e disertori) e vittime del regime.

Le cause del decesso sono distinte in colpi di armi da fuoco esplosi per le strade, artiglieria pesante, torture in carcere, esecuzioni sommarie, negazione di assistenza medica, gas e altro.

Da sottolineare le tre fasi in cui è suddiviso il processo di rilevazione:

  1. raccolta/classificazione/eliminazione duplicati
  2. aggiunta di foto, video e metadati
  3. restituzione dei dati classificati alle rispettive fonti, per una ulteriore verifica su eventuali errori o per completare i dati mancanti

Per agevolare l’interrogazione dei dati sono resi disponibili una serie di filtri sulla ricerca; purtroppo manca la possibilità di esportare in un unico documento (magari in formato Open Data) tutti questi dati.

 

Il monitoraggio del “Syrian Revolution Martyr Database”

C’è un altro sito siriano che pubblica un sacco di statistiche relative ai morti causati dalla guerra civile, quello dei “martiri siriani” (da shuhada, martiri).

I dati sono raccolti attraverso le segnalazioni che arrivano dai cittadini, strutturati e pubblicati a distanza di una settimana.

Le statistiche disponibili, per esempio quelle sui bambini uccisi, sono elencate tutte in un’unica pagina; cliccando su un numero qualsiasi, si accede a una lista di tutti i morti catalogati.

Sulla sinistra troviamo i link a foto e video, quando disponibili (comunque, quasi sempre).


Poi abbiamo l’identità, i riferimenti geotemporali del decesso e infine persino un progressivo numerico che identifica univocamente la persona morta: da questo identificativo si risale a tutti i dettagli, compresa la fonte della notizia (pagina Facebook, YouTube o altro sito).

 

Anche in questo caso i dati non sono scaricabili (men che meno in formato Open Data); inoltre la grafica potrebbe essere curata meglio (per quanto in questo caso possa anche non essere il problema principale), diversi link non funzionano e l’unico contatto è un indirizzo email (presumibilmente per questione di sicurezza).

Per quanto riguarda le cifre, la differenza tra i dati di VDC e quelli di quest’ultimo censimento è notevole (19.818 morti contro 23.593), mentre i dati governativi in un bollettino diffuso lo scorso febbraio facevano riferimento genericamente a “migliaia di morti”, senza distinzione tra civili e militari.

Per rielaborare i dati, come ha fatto il Guardian, occorre fare un po’ di scraping qua e là all’interno del sito.

Un paio di rappresentazioni cartografiche interattive, interessanti ma incomplete, sono quella pubblicata su Crowdmap da SyrianShuhada e dal progetto affiliato Syria Tracker.

 

Il monitoraggio di SiriaLibano.com

Un ottimo lavoro – oltre che un pozzo di informazioni interessanti – è quello svolto dal gruppo coordinato da Lorenzo Trombetta, di cui apprezzo anche e condivido moralmente l’appello rivolto a tutto il mondo del giornalismo.

Sono apprezzabili in particolare sia la distribuzione geografica dei morti aggiornata a pochi giorni prima che il prezioso punto di vista sull’attendibilità delle fonti siriane, fornito da chi in Medio Oriente ci vive e conosce bene la situazione locale.

 

La controinformazione

Non tutte le fonti non ufficiali però sono in sintonia con quelle delle organizzazioni, degli attivisti e dell’ONU: c’è per esempio la puntualizzazione di Collettivo Exit, testata di controinformazione, che afferma:

Quotidianamente le agenzie governative diffondono notizie con nomi, cognomi, professione, circostanze di persone uccise da bande armate. Notizie che i media non riprendono mai; così come la conta dei morti tentata da alcuni gruppi religiosi (vedi scheda n. 3).
La fonte del media sono gli “attivisti dell’opposizione”, da Londra o dalla Siria. I media presenti in Siria (si pensi alla Bbc a Homs) diffondono comunque notizie che si basano sui contatti e sui materiali forniti dagli “attivisti” (v. la scheda 7 su Homs).

Anche l’Onu e le organizzazioni dei diritti umani basano i loro rapporti sugli “attivisti”.

Secondo l’Organizzazione non governativa Syrian Observatory for Human Rights i morti in Siria sarebbero circa 21 mila (14.710 civili, 5.363 militari e 980 ufficiali e dissidenti), dati aggiornati a ieri.

Tra le altre cose, uno dei motivi di perplessità da parte di Collettivo Exit nei confronti dell’Osservatorio Siriano per i diritti civili è il fatto che sia stato fondato in Gran Bretagna da esiliati del regime siriano.
E’ pur vero che lo stesso progetto non potrebbe essere portato avanti liberamente in territorio siriano e che, come riporta Lettera43,

l’Ondus, il cui direttore è in esilio in Gran Bretagna, lavora da anni – ben prima dello scoppio delle proteste pacifiche in Siria nel marzo 2011 – e si è sempre avvalso di una fitta rete di ricercatori e attivisti siriani sul terreno.

 

Il monitoraggio di Vox Clamans

Marinella Correggia – giornalista, pacifista, collaboratrice de Il Manifesto e autrice di varie inchieste sui conflitti in Medio Oriente – riferisce del lavoro di censimento dei morti svolto da Vox Clamans, il centro di informazione cattolico con sede a Qara e autorizzato dalla diocesi di Homs, un progetto partito il maggio di quest’anno.

Vox Clamans di fatto prende le distanze sia dalle fonti ufficiali che da quelle dei vari osservatori o attivisti (specialmente dal SOHR) per proporsi come fonte maggiormente attendibile.

Purtroppo, delle liste create da Vox Clamans e descritte da Marinella non sono riuscito a trovarne traccia in rete, nemmeno sullo scarnissimo sito.

Per completezza di informazione aggiungo che, per quanto si dichiari super partes, da una rapida visione Vox Clamans fornisce informazioni che personalmente ritengo più vicine a quelle governative che non ad altre fonti. Per esempio, quando riferisce di una emittente televisiva privata siriana che documenta liberamente ciò che avviene sul posto e “smaschera” i filmati taroccati degli attivisti.

 

One comment

  • Siria e social media, se il conflitto non è “cool” | Federico's blog ha detto:

    […] Roberto Favini, su Facebook, mi segnala un suo bel post intitolato “Giornalismo e guerra dei numeri sui morti in Siria. E’ molto interessante, […]


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