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Perché il problema di Tripadvisor non sono le recensioni

Stimolato sul problema irrisolto delle raccomandazioni on-line, prima dal post di Daniele e successivamente dal non-post di Alexia per Gilda35, provo a contribuire alla discussione con il mio personale punto di vista.

Si è parlato di recensioni farlocche, di utenti finti, di utenti reali che non sanno che pesci pigliare, di albergatori stretti nella morsa dei recensori selvaggi da una parte e dei servizi come Tripadvisor dall’altra.

Procediamo con ordine e chiariamo la questione di fondo:

i servizi come Tripadvisor non hanno un problema di contenuti, bensì di strumenti e metodi

Affinché questi servizi siano realmente utili e sostenibili – e quindi che non implodano su sé stessi – occorre che forniscano un valore aggiunto a tutte le parti coinvolte, in termini di esperienza d’uso, di ritorno economico, di scambio di informazioni o di visibilità.

Purtroppo ci saranno sempre recensioni meno utili di altre, in quanto false, imprecise o superficiali: come fare, quindi?

Tripadvisor ci viene in aiuto applicando un sistema di ranking sia per le recensioni che per i recensori.

Anche se gli algoritmi di valutazione della reputazione delle persone possono essere una delle soluzioni possibili, l’esperienza ci ha insegnato che questi possono essere facilmente aggirati, tanto che Daniele prova a formulare alcune ipotesi per renderli più robusti.

Ne consegue che l’associazione tra persone  e contenuti non è sufficiente per attribuire valore a questi ultimi.

Vorrei ora sottolineare un passaggio del commento lasciato da un albergatore sul post di Daniele:

Il fatto che si possano rilasciare commenti senza che ci sia alcuna corrispondenza al fatto che l’utente sia effettivamente venuto è assurdo

Ecco, credo che uno dei punti cruciali sia proprio questo: la geolocalizzazione delle persone.

Per attribuire maggior valore alla recensione occorre prevedere “anche” la possibilità di associare recensioni e utenti ai rispettivi luoghi fisici, ovviamente in tempo reale.

Qualche esempio concreto

Il Borgo Hotel di Poggio alle Mura, collocato all’interno dell’incantevole Castello Banfi di Montalcino nel senese, ha scelto di essere presente su Tripadvisor.

Il Castello, sede di rappresentanza di una azienda vitivinicola conosciutissima a livello internazionale, ospita anche il locale Museo del Vetro e del Vino.

Il sito dell’azienda contiene molte informazioni utili, tra cui anche le coordinate GPS del castello, ma senza collegamento ipertestuale; in compenso il luogo è individuabile anche grazie a Google Maps.

Supponiamo ora che all’interno del Borgo Hotel venga collocato un bel cartello che riporti un particolare QR code, tipo questo creato con Likify, che sia in grado di assegnare un like a una particolare pagina su Facebook.

Nella versione Pro, infatti, questo servizio richiede esplicitamente all’utilizzatore di consentire la lettura della sua posizione geografica.

Castello Banfi, Montalcino

A questo punto il triangolo people-content-location si chiude.

 

Secondo esempio

Il Castello Banfi ha anche un venue su Foursquare, dove finora ha raccolto ottime raccomandazioni.

Foursquare: Castello Banfi, Montalcino

Foursquare: Castello Banfi, Montalcino

In questo caso potremmo creare il QR code con un servizio tipo Qrifier, che genera un PDF con un QR code in alta definizione, attraverso il quale si effettua il check-in automaticamente su quel venue in Foursquare.

 

Terzo e ultimo esempio

Il castello Banfi è presente anche su Google+ e Google Local, con le informazioni essenziali (sito, telefono, mappa e qualche foto): anche qui è possibile lasciare recensioni, georeferenziate in modo nativo.

 

La content curation

Un secondo punto cruciale è quello del filtraggio.

Nel mare magnum dei servizi e delle informazioni on-line, l’abbondanza non è un problema ma una opportunità.

Poter filtrare le informazioni più pertinenti per le proprie esigenze – specie se attraverso modalità collaborative – consente di non rinunciare alla visibilità sulle nicchie.

Per questo motivo mi aspetto che nel prossimo futuro compariranno sui social media nuove figure, come quella del curatore cross-piattaforma di raccomandazioni.

 

In conclusione

Organizzare o classificare il caos può essere molto più arduo che setacciare lo stesso.
Se poi servizi come Tripadvisor un giorno di questi implementeranno anche soluzioni come quelle sopra descritte, sarà anche meglio.

 

 

 

5 comments

  • Michela ha detto:

    Tripadvisor, ma anche altri siti di recensioni, sono da sempre un problema spinoso. Anche dal lato utente, perché in genere ci si fida di quello che dicono gli altri (sperando poi che i commenti siano veri). Io trovo i tuoi suggerimenti molto validi.
    Personalmente non credo che il ranking dell’utente, ritenuto affidabile dopo un tot di recensioni, possa rappresentare una soluzione ai problemi di affidabilità dei commenti. Io, ad esempio, sono un’utilizzatrice abbastanza passiva di Tripadvisor, cioè leggo molto le recensioni, ma lascio pochi commenti. Il fatto che una persona abbia all’attivo poche recensioni non fa di lui un recensore più o meno affidabile.
    Trovo, invece, che geolocalizzare le recensioni sia forse la svolta che permetterebbe a Tripadvisor & co. di offrire un vero valore aggiunto sia agli utenti, sia alle strutture. Da un lato perché permetterebbe di avere informazioni più pertinenti e dall’altra parte ci sarebbe un minimo di garanzia in più che l’utente che scrive la recensione è effettivamente stato in quel luogo.
    Mi piace l’ultimo accenno alla content curation, sarebbe un tema da sviluppare meglio 🙂

    • roberto ha detto:

      Grazie per il contributo, Michela 🙂
      Soluzioni tecniche come la revisione dei ranking o l’incorporo della geolocalizzazione purtroppo richiedono tempo e interesse da parte delle piattaforme come Tripadvisor.
      Occorre implementarle bene, per esempio incrociando le coordinate del luogo con quelle del dispositivo mobile per ridurre ulteriormente i tentativi di mistificazione.
      Una delle cose che mi hanno stupito di Tripadvisor è che nell’app per iOS la utilizzano per la ricerca dei luoghi nei paraggi ma non per attribuire valore alla recensione.
      Praticamente un uso monodirezionale: incomprensibile.
      La content curation invece è una strada percorribile da subito e da qualunque utente. sarebbe anche a costo zero (gli strumenti free non mancano) se escludiamo il tempo dedicato.
      A tendere, potrebbe però anche diventare una specializzazione o addirittura una professione.
      Si, penso anch’io che sarebbe da sviluppare per bene.

  • Angelo ha detto:

    Molto interessante. La geolocalizzazione potrebbe essere una soluzione, ma non ci salvaguarderebbe dalle recensioni fasulle degli stessi albergatori e dai loro dipendenti, i primi ad essere localizzati lì (ma che comunque dovrebbero avere profili social di terzi a disposizione). Booking è considerato più affidabile in quanto richiede le recensioni solo agli utenti che hanno prenotato tramite il loro servizio, al ritorno dalla vacanza… Holidaycheck puntava invece ad un programma per stimolare video-recensioni. Infatti molti in questi portali cercano proprio foto più veritiere di quelle presenti nei siti ufficiali… Holidaycheck pensa di aumentare l’affidabilità delle recensioni con i video che sono ancor più delle foto quasi impossibili da “ritoccare”. Apprezzo molto la soluzione suggerita della “content curation”, per far emergere la qualità dal mare magnum di UGC.

  • Damiano ha detto:

    Ciao,
    ottimo articolo, soprattutto perchè non avevo mai pensato alla content curation come possibilità di collezionare le recensioni dell’hotel dai vari media attraverso tool gratuiti come storify. Attualmente i vari tool a pagamento di Hotel Reputation in pratica fanno quello! 🙂

    • roberto ha detto:

      Eh già, molto spesso le soluzioni sono a portata di mano e passano per l’uso combinato di più servizi, che potrebbero anche non essere stati pensati all’origine per quello scopo, ma anche di mashup realizzati ad hoc.
      Mi fa piacere che l’articolo ti abbia ispirato 🙂


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