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Effetti della Net reputation nel Social recruiting

09 Nov Posted by in Uncategorized | Comments
Effetti della Net reputation nel Social recruiting

Un recruiter italiano su quattro dice di aver escluso almeno una volta un candidato a causa delle informazioni presenti nei suoi profili sui social network o per i contenuti pubblicati on-line (fonte: Adecco Social Recruiting Report). Questo è avvenuto nonostante in Italia ci sia un tasso bassissimo di pubblicazione di contenuti che potrebbero influire negativamente su una eventuale assunzione, secondo quanto dichiarato dagli stessi candidati.

Occorre quindi non sottovalutare l’importanza della cura di una reputazione on-line in ottica social recruiting, ma questo vale sia per chi cerca che per chi offre lavoro. Ecco un paio di esempi.

 

Il social recruiting di L’Oréal

Molti probabilmente ricorderanno il caso di Axelle Despiegelaere, la tifosa del Belgio messa sotto contratto in un lampo niente meno che da L’Oréal Professionnel e scaricata pochi giorni dopo.

axelle-1

Inquadrata sugli spalti durante una partita dei Mondiali di calcio, le sue immagini fanno il giro dei social network e la sua notorietà diventa mondiale.

L’opportunità di intraprendere una carriera di modella arriva sotto forma di un contratto di L’Oréal, per cui gira un video promozionale da 5 milioni e mezzo di visualizzazioni.

Tutto però cambia qualche giorno dopo, quando su Facebook emergono contenuti imbarazzanti per l’azienda di cui si apprestava a diventare testimonial (che stranamente non erano stati notati prima).

Sul suo profilo Facebook Axelle aveva infatti pubblicato giusto qualche giorno prima una foto dove posa con un fucile in mano e un animale ucciso durante una battuta di caccia nella savana, corredata del commento “Cacciare non è una questione di vita o di morte. E’ molto più importante di questo. Succedeva un anno fa, oggi sono pronta per cacciare gli americani”.

axelle-2

L’Oreal non la prende bene, visto che è contraria ai test sugli animali e che nel 2012 ha donato 1,2 milioni dollari per la sperimentazione di sostanze chimiche sicure.

Il contratto tra il gruppo e Axelle viene interrotto immediatamente, anche se ufficialmente si sarebbe interrotto comunque per motivi di studio della ragazza e perché “Kirsten Dunst is our international spokesperson for L’Oréal Professionnel this year”.

 

Il social recruiting di Halifax

L’esempio di Halifax è più complesso perché riguarda invece contemporaneamente la reputazione di un’azienda e un presunto furto di identità.

L’altro giorno ho infatti  ricevuto e accettato una richiesta di contatto su Linkedin da una persona delle risorse umane di Halifax, cioè la divisione retail del Gruppo Lloyds Banking che è uno dei maggiori gruppi finanziari britannici.

La stessa persona mi ha subito dopo invitato a contattarla via email per ricevere non meglio identificate offerte di lavoro.

L’indirizzo di posta indicato – un account Gmail anziché un account aziendale – mi lascia intendere che devo stare alla larga per evitare problemi.

halifax-michelle-emerson

Resto però incuriosito dall’approccio e quindi faccio delle ricerche.

Scopro così che c’è un forte contrasto tra ciò che Halifax racconta di sé (sul loro sito ci sono fotografie con volti gaudenti di persone che ti invogliano a lavorare con quella azienda) e l’immagine che ne risulta interrogando i social media.

Mi riferisco in particolar modo alla causa che Halifax ha perso – nonostante potesse contare su avvocati di grido – contro una sua cliente che li aveva denunciati addirittura per stalking.

 

halifax

Che cosa era avvenuto di così grave? Amanda Roberts è una donna inglese che, rimasta senza lavoro e con problemi di salute, all’epoca dei fatti aveva saltato il pagamento di una rata da 115 Sterline verso Halifax. Da qui in avanti Amanda riceve ben 550 telefonate nel giro di 7 mesi da parte del call center di Halifax, mentre il suo conto corrente veniva bloccato.

 

halifax-amanda-roberts

Questo di certo non è un buon biglietto da visita per invogliare le persone a lavorare in Halifax, almeno per due buone ragioni.

Anzitutto per un discorso etico, che per le persone è un fattore sempre più importante nelle scelte, siano esse acquisti, scelte di vita o altro.

Inoltre, un candidato potrebbe benissimo pensare che un’azienda che fa stalking verso i propri clienti non si farebbe troppi problemi a mettere in mobbing i suoi stessi lavoratori.

Fatti vecchi, penserà qualcuno. Allora prendiamo notizie più recenti, tipo il grosso scandalo finanziario del 2013 oppure la notizia di qualche giorno fa: Halifax taglierà 9 mila posti di lavoro e chiuderà 150 filiali.

E’ quindi pure stupido chi ha scelto Halifax per attirare persone da raggirare: Halifax non solo non assume ma addirittura riduce il personale.

Halifax invece dovrebbe preoccuparsi del fatto che su Linkedin esistono ben 12 account – ognuno con la stessa persona in pose diverse – di donne che si chiamano Michelle Emerson e che affermano di lavorare nella divisione risorse umane dell’azienda. Tutti evidentemente falsi, a meno che uno solo di questi sia reale.

Se ogni azienda facesse periodicamente delle ricerche serie su Linkedin, chissà quanti profili fake si scoprirebbero (il punto per segnalarli è questo) o anche semplicemente ex dipendenti che si sono dimenticati di aggiornare il profilo Linkedin e risultano ancora in forze.

Attenzione, non è ancora finita.

Ho rintracciato su Facebook il profilo della donna a cui è stata sottratta l’identità e l’ho contattata in privato per segnalarglielo, allegando anche uno screenshot, in modo che possa segnalare i profili fake e monitorare da lì in avanti se ne vengono creati degli altri. Secondo voi, questa persona ha fatto tesoro dei miei consigli e mi ha risposto per farmelo sapere oppure prosegue imperterrita nella stessa situazione?

 


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