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L’insegnamento sui social media dall’esperienza egiziana

19 Feb Posted by in Uncategorized | 1 comment

Riporto la fedele traduzione dei passaggi più importanti di questo interessantissimo articolo del WSJ:

“La tragica morte della 28enne Khaled Said, che nel giugno del 2010 è stata trascinata fuori da un Internet cafè di Alessandria e picchiata dalla polizia egiziana, è stato l’evento che galvanizzato i giovani egiziani, spingendoli a condividere le loro rimostranze su Facebook. Un gruppo chiamato “We Are All Khaled Said” ha rapidamente raggiunto centinaia di migliaia di membri e ha giocato un ruolo determinante nel promuovere le proteste che alla fine hanno spazzato Hosni Mubarak dal potere.

L’esperienza egiziana suggerisce che i social media possono notevolmente accelerare la morte di regimi autoritari che stanno già morendo.

Ma mentre è importante riconoscere il ruolo che Internet gioca nella rivolta egiziana, non dobbiamo perdere di vista il fatto che i manifestanti sono stati benedetti con un governo che non sapeva distinguere un tweet da un poke, come illustrato più di tutti, forse, dal suo disperato (e tardivo) mossa chiudendo temporaneamente l’accesso dal paese verso il mondo esterno. Il colpo letale che Internet ha contribuito a consegnare al regime di Mubarak è probabile che spingerà i tiranni a raggiungere gli ultimi sviluppi nella Silicon Valley e a imparare la propaganda online.

[…]

In retrospettiva, è scioccante osservare i pochi passi preventivi compiuti dal regime del signor Mubarak per controllare Internet. Non ci sono stati tentativi di filtro a internet in stile Cina, nessuna propaganda online o blogger pagati dal governo in stile Cremlino; praticamente nessun cyber-attacco contro i siti web dei blogger e delle organizzazioni di attivisti. L’unica incursione del signor Mubarak nel mondo del controllo di Internet è stata quella di picchiare e mettere in galera i blogger, una tattica che solo ha contribuito a pubblicizzare la loro causa.

Non sorprende, quindi, che i funzionari siano stati colti di sorpresa dalle proteste, che sono stata in gran parte previste e discussa pubblicamente online. Solo dopo che il movimento on-line aveva guadagnato uno slancio impressionante offline in Tahrir Square ha fatto scegliere ai soci del signor Mubarak di spegnere Internet per un paio di giorni, rivelando ulteriormente la loro incompetenza.

Non è che il regime egiziano ha perso la battaglia online. Semplicemente non l’ha mai cominciata. Non è Internet che ha distrutto il signor Mubarak, è l’ignoranza del signor Mubarak su Internet che ha distrutto il signor Mubarak.”

 

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